mercoledì 10 dicembre 2008
Il presidente del Consiglio spiega le intenzioni: siamo per la separazione degli ordini, non delle carriere. L’obiettivo è di riformare il processo penale entro Natale. Dura replica del Pd.
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Aggiungi un posto a tavola, ma non di più. Il dialogo sulla riforma della giustizia, appena avviato con l’incontro di ieri tra il ministro Angelino Alfano e il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, viene "recintato" dal premier Silvio Berlusconi durante l’ennesima presentazione dell’ultimo libro di Bruno Vespa: non c’è posto per il Pd, meno che mai per la già esclusa (e autoesclusa) Italia dei Valori. «Fin quando sarò al governo non mi siederò mai a un tavolo con questi individui - ha detto il Cavaliere -. Ha ragione Bonaiuti quando dice che sono marxisti, leninisti. Ci vuole un cambio per avere da noi una socialdemocrazia, non accetto di parlare con questo tipo di persone, con chi mi paragona a Hitler o a un dittatore argentino».«Siamo per la separazione degli ordini, non delle carriere». Sotto il soffio del capo del governo sembrano crollare come un castello di carte tutti i discorsi fin qui fatti (dal Quirinale, dai presidenti delle Camere, da ministri e da segretari di partito) sulla necessità di progetti condivisi per cambiamenti di tale portata. Non c’è problema, sostiene Berlusconi: «La Costituzione si cambia, poi l’ultima parola spetta ai cittadini. Questa è la democrazia». In ogni caso, non chiude all’ipotesi di un’intesa trasversale in Parlamento, dove - ha osservato - «i gruppi potranno decidere come più riterranno opportuno». Ma sarà difficile una convergenza con il Pd, contrario alla separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri che è invece tra i principali obiettivi del governo. Meglio, ha spiegato il primo ministro, «siamo per la separazione degli ordini, non delle carriere: chi giudica farà parte di un ordine, chi rappresenta la pubblica accusa di un altro ordine e quando dovrà andare a parlare con il giudice dovrà ottenere un appuntamento, bussare alla sua porta e dargli del lei».«Riforma entro Natale». Quanto ai tempi, Berlusconi non si è sbilanciato sulla possibilità di varare la riforma della giustizia, almeno la sua prima parte, nel Consiglio dei ministri del 19 dicembre. Ma Alfano ha confermato: «Cercheremo di fare la riforma del processo penale entro Natale, poi ci sarà anche una riforma costituzionale».Prove di dialogo nella mattinata di ieri. l titolare della Giustizia ha poi ribadito i cardini del piano governativo: accelerazione dei processi civili (legge già passata alla Camera e ora all’esame del Senato) e penali, costruzione di nuove carceri, intervento sulla Costituzione per separare le carriere dei magistrati («l’obiettivo è la parità tra accusa e difesa, con un giudice terzo ed equidistante») e cambiare il Consiglio superiore della magistratura.Ieri mattina il guardasigilli aveva incontrato Casini, inaugurando così il tentativo di collaborare con le opposizioni. «Il tavolo si è aperto - aveva sottolineato al termine del colloquio il leader dell’Udc - e il Pd deve sedersi, sarebbe davvero un errore non esserci». Walter Veltroni, da parte sua, aveva dato incarico al suo ministro ombra Lanfranco Tenaglia di illustrare al governo le proposte del partito. Alfano e Tenaglia avevano perfino fissato un appuntamento di massima, per lunedì prossimo.Poi la dura replica al premier. Ma poi sono arrivate le parole del presidente del Consiglio, che hanno provocato la dura replica del Pd. «Per fortuna il Pdl voleva fare le riforme condivise per la giustizia italiana - ha esclamato la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro -. La verità è che Berlusconi vuole stravolgere la Costituzione, deformando gli equilibri istituzionali già resi così deboli da un presidenzialismo di fatto e vuole separare le carriere dei magistrati. Si tratta di scelte che, da sole, impediscono un confronto proficuo sui temi della giustizia. Non è certo da noi che oggi viene una chiusura al dialogo». Quasi esulta, invece, l’Italia dei valori, che al confronto si è sempre opposta. «Ancora una volta dobbiamo constatare di avere avuto ragione - ha dichiarato Massimo Donadi, presidente dei deputati dipietristi -. A Berlusconi interessa soltanto la resa dei conti finale con la magistratura, che consiste nella sottomissione delle procure al governo». Il primo tavolo. Ma mentre il dibattito politico s’infiammava, Alfano era negli uffici del gruppo del Pdl al Senato, dove ha riunito i capigruppo a Palazzo Madama e a Montecitorio, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, quelli della Lega Federico Bricolo e Roberto Cota, i presidenti delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia, senatori Carlo Vizzini e Filippo Berselli, proprio per discutere delle riforme ormai in cantiere. Al termine del vertice, il guardasigilli ha detto di condividere la rotta tracciata dal premier: «Berlusconi prende atto di una sinistra che continua a dire "no" e se ci dice "sì" ci mette tanti di quei "però" che finiscono per coincidere con un "no"...».
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